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Giuliana

Sergio era dunque un solitario, ma non un uomo solo. Suo figlio Spartaco se ne rese conto proprio quando perse il padre. Gli amici, le amiche di Sergio si affollarono nella casa di campagna per porgere le affettuose condoglianze. Era una bella brigata, soprattutto molto eccentrica. C’era di tutto. Ma lui e la madre Marta restarono colpiti da una donna attempata ma dagli occhi splendenti, Giuliana, che tenne molto a raccontare la sua parentela: suo padre era stato un grande scultore, disegnatore e pittore; “Una avventura tra Italia e Francia”, era il titolo dell’articolo con cui un importante quotidiano dette la notizia della sua morte, avvenuta alla fine del secolo breve. Infatti il padre da giovane si era trasferito dal suo Sud a Parigi, in cerca di ispirazione e di vita “aumentata” con artisti poi divenuti famosi come Rouault, Despiau, Rodin, Maillol, Chagall e anche l’école italienne de Paris con Severini, De Chirico, il compaesano Onofrio, De Pisis. Qui aveva conosciuto la splendida Helen, svizzera, una apparizione favolosa al Café du Dôme, il cui padre era un avvocato di grido ma a cui ben poco interessava la professione, invece molto l’orgoglio di essere diventato il traduttore ufficiale in lingua tedesca dei sonetti di Trilussa! Giuliana raccontò a Spartaco e Marta che il papà, esperto maneggiatore del marmo e dei colori, aveva creato tanti busti, teste, ritratti e schizzi dell’unica figlia prediletta, perfino – rivelò loro – la testina della madre di Sergio, quando era ragazzina, perché il nonno di Sergio, noto direttore d’orchestra e compositore, aveva avuto per alcuni anni consuetudine con Bruno giovane, il padre di Giuliana. Intrecci sacri, lavorìi del destino, tracce di vite in comune e accavallarsi di generazioni che il trascorrere degli anni aveva ormai scolorato e reso inaccessibili ai più. Giuliana era anche lei artista: si era portata con sé molti fogli Fabriano con i suoi disegni a matita, anche numerose chine, per farli ammirare a Spartaco, proprio il giorno delle condoglianze. Alcune tavole erano ritratti di suo marito Theodor, violinista con il quale aveva vissuto per oltre venti anni in Svizzera finché un male crudele gliel’aveva strappato. Spartaco notò che i disegni raffiguravano soprattutto studi anatomici di corpi umani da lei creati grazie ad una complicata teoria compositiva che Giuliana cercò di esporre pur nella concitazione dell’occasione, non certo felice. Ma vi era anche una serie bellissima di tarocchi, raffigurati ispirandosi a quelli ben più famosi del Mantegna esposti nel British Museum. Giuliana non poteva saperlo allorché si recò nella casa di campagna per le condoglianze alla famiglia di Sergio, ma pochi anni dopo, lei trasferitasi da quella campagna in un paesino abbarbicato sui dolci declivi che circondano il lago di Como, fu devastata in poche settimane dal male del secolo, che non aveva voluto curare, nascondendolo a tutti, per una sorta di crudele, fatalistica e quasi rispettosa accettazione del destino così come si presenta. La figura di Giuliana si aggiungeva ad altre, tratteggiate o anche solo citate nello sfondo del romanzo Il tempo uguale: ma lei emergeva altera, sprezzante del tempo e delle vite che in esso si svolgono, perché sicura del fatto che il tempo non esiste e che tutti noi attraversiamo un “blocco” misterioso sempre uguale a se stesso, espanso nell’immenso multiverso.

Giuliana è il racconto spin off del romanzo Il tempo uguale di Waldemaro Morgese

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