Poco più di due giorni erano passati dall’arrivo della lettera. Reat e Vultus avevano ponderato su come agire. Avevano assistito a un atto di tradimento, e meno di una settimana dopo avevano ricevuto un invito per chiarire l’accaduto.
«Sei sicuro?».
Reat fissava assorto fuori dalla finestra del loro rifugio di Tarlastin da quella che pareva ormai un’eternità.
«No, non lo sono. So che non ti fidi di Adrian».
«Neanche tu dovresti» rispose Vultus.
Allora sollevò uno sguardo verso l’amico.
«Non lo faccio, però… Devo sapere perché. Se Darius fosse ancora al comando, gli avremmo dato il beneficio del dubbio».
Vultus tacque alcuni istanti.
«E Byron? Anche lui ha visto cos’è successo».
«Ho provato a contattarlo, ma niente. Non credo si farà vivo. Saremo solo io e te».
Vultus gli sorrise, posando una mano sulla sua spalla.
«Come sempre».
La nuova sede della Gilda era certamente meglio organizzata e ben difesa della precedente, ma Reat percepiva una grande nostalgia del senso di comunità che Darius Fei aveva creato negli anni passati. Con Adrian Craig non c’era nulla di simile.
Non vennero scortati o guidati da nessuno dei loro supposti compari, ma molti sguardi vennero sollevati mentre avanzavano. Occhiate preoccupate, indignate o curiose.
Infine i portoni si spalancarono e i due ladri poterono osservare il nuovo Consiglio della Gilda. Fesmir, Strauss e Adrian a capo, che fece alcuni passi verso i suoi ospiti.
«Eccoli qui, Reat e Vultus. Sono lieto abbiate preso l’adeguata decisione e vi siate presentati. Ora possiamo discutere come gentiluomini dell’accaduto, trovare reciproca comprensione».
«Taglia la facciata, Adrian» lo interruppe Vultus.
Reat scambiò un rapido sguardo di complicità con l’amico.
«Non siamo qui per fingere amicizia, ma mi aspetto una spiegazione. Perché hai ordinato agli Yerben di svaligiare la cripta di Cingar? Perché ci hai mentito?».
Il sorriso sul volto di Craig si spense.
«Dovreste capire. Cingar è scomparso da quasi un anno ormai, probabilmente morto, e la Gilda ha bisogno di finanziamenti. Il paese è in guerra, e abbiamo bisogno di protezione, dobbiamo fare sacrifici se vogliamo sopravvivere».
«Sono stronzate! Cingar è uno di noi, e tu hai commesso tradimento. Darius ha reso la Gilda una comunità, non una organizzazione militare» intervenne Vultus.
«Parli di protezione, ma come possiamo contarci al sicuro se ordini furti ai nostri stessi compagni per finanziare i tuoi progetti?» aggiunse Reat.
«Tutti sanno cosa ne pensavi di Cingar, per non parlare di Darius. E vorresti convincerci che sia una coincidenza che il tuo primo ordine sia un attacco al famoso pupillo del tuo predecessore?».
Adrian tacque alcuni istanti. Fece diversi passi verso di loro, prendendo parola.
«Se non potete condividere la mia visione per la Gilda, non potrete farne parte».
«Pensi di poterci cacciare come se nulla fosse? Siamo qui da anni, siamo cresciuti nella Gilda, come reagiranno gli altri alla notizia?» disse Reat.
Adrian sollevò una mano sulla sua spalla.
«Non preoccuparti, non intendo cacciarvi».
E la prima freccia giunse, abbattendosi nella schiena di Vultus, seguita da una seconda, che fece crollare il ladro al suolo.
«No!» urlò Reat, mano alla daga, pronto a scattare verso l’origine dell’attacco. Prima che potesse però, Adrian affondò il pugnale nel suo fianco, spingendolo in ginocchio.
Con un verso di rabbia e dolore, Reat osservò il corpo immobile dell’amico, di fronte ai suoi occhi, e sollevò uno sguardo verso Adrian.
«Nessuno dimenticherà ciò che hai fatto qui, oggi. Tutti accorreranno per la tua testa, il tuo regime avrà vita corta, te lo giuro».
Adrian lo fissò imperscrutabile per un istante, poi disse: «Forse, ma tu non vivrai per vederlo» e affondò la lama nel suo petto, rigirandola nella ferita.
In un sussulto, Reat crollo al suolo, il suo sguardo perso al suo lato, verso il viso spento di Vultus. E così, morì.