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Sandro

Sua madre non lo chiamava mai per nome. Non che usasse epiteti affettuosi o nomignoli vari. Non lo chiamava e basta. «Sbrigati, sistema la tua stanza prima di andare a scuola».  «Porta fuori la spazzatura».  «Mangia tutto, non lasciare niente nel piatto». «Lascia stare il cane. Non tirargli la coda». «Fai i compiti».  Avrebbe potuto chiamarsi in qualunque modo. Nessuno se ne sarebbe accorto. Da cosa venisse quella freddezza non era dato sapere. Sandro non lo aveva mai capito. Da piccolo si era chiesto spesso come mai gli fosse toccata in sorte una madre tanto ostile. Si domandava se potesse dipendere da lui. Forse era solo anaffettiva, priva di qualsiasi emozione, ma a lui dava l’impressione che l’odiasse. Si può odiare un figlio? Una madre può farlo? Forse sì. Forse è possibile se il figlio è frutto di una violenza. O se non era desiderato al momento del concepimento. «Avrei preferito accorgermi di avere un cancro, invece di essere incinta». Glielo aveva detto un’infinità di volte. E ognuna aveva lasciato un segno indelebile, quasi un marchio sulla pelle e nel profondo dell’anima. Sentirsi peggiore di una malattia non dev’essere facile per nessuno. Tanto meno per lui, che non aveva conosciuto il padre ed era solo al mondo con una madre che sembrava detestarlo. Non era soltanto dura con le parole, spesso lo picchiava. A volte per futili motivi. O almeno così sembravano al Sandro bambino, che mai si sentiva amato. Forse per questo se ne era andato presto di casa, non appena conclusi gli studi. Si era arrangiato con un primo lavoro poco attinente all’enologia, ma col tempo era riuscito a trovare un impiego più adatto al suo percorso formativo. Il lavoro era per lui la vita. La forza del riscatto. Si era impegnato in modo costante e profondo per anni, al fine di raggiungere uno status economico sociale di buon livello. E non si può dire che avesse fallito. Almeno sul piano del lavoro e delle relazioni sociali. Ma dal punto di vista dei rapporti umani le cose erano andate diversamente. Soprattutto l’universo femminile era stato per lui difficile da conoscere e comprendere. Eppure lo amava e lo sentiva speculare al suo. Faceva di tutto per restare nel cuore di una donna, per renderla parte integrante del suo mondo. Per vivere con lei le emozioni che gli erano mancate. Però aveva bisogno della scintilla ogni volta. Ma la fiamma sapeva ardere per poco tempo. Bruciava intensamente, eppure svaniva in fretta. Lo rendeva un uomo straordinario e sleale, incantevole e bugiardo. Era tutto e niente al tempo stesso. Così vero nel momento iniziale, quando le emozioni erano vive e solari, così falso dopo, quando la fase dell’entusiasmo si era conclusa lasciando spazio al grigiore della cenere. Era successo anche con la donna che aveva sposato. Ma lui non l’avrebbe mai lasciata perché gli aveva dato un figlio. E un figlio è per sempre. Era stata lei ad andarsene per non tornare mai più, desiderosa di conoscere il mondo, di indossare nuovi abiti e gustare nuovi sapori.  Gli aveva lasciato il figlioletto fra le braccia ed era fuggita via senza voltarsi indietro. Lui l’aveva tenuto stretto, per tutta la vita, amandolo più di se stesso.  Ma da quel momento il suo rapporto con l’altro sesso era ulteriormente mutato.  Le donne più importanti della sua vita lo avevano deluso: sua madre non gli aveva mai dimostrato amore, pur avendolo tenuto con sé, sua moglie aveva tradito le sue speranze e, insieme a lui, aveva abbandonato il frutto del loro amore e del proprio grembo. Il sangue del suo sangue. Per tutta la vita Sandro aveva cercato di trovare un equilibrio nei suoi rapporti col sesso femminile. Aveva desiderato innamorarsi e vivere felicemente con una donna, ma non ci era mai riuscito. I suoi tentativi erano stati indicibili disastri. Aveva a sua volta tradito, deluso, offeso, ingannato a più riprese. E il figlio cresciuto, ormai prossimo a diventare padre, aveva conosciuto un carosello inesorabile di amanti. Stupide, intelligenti, ridicole, goffe, a volte bellissime. Tutte sterili meteore.

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