Conosciamo meglio Riccardo Corazza, autore di Terradivina, il prossimo volume in uscita nella collana “Montparnasse”, in arrivo nelle librerie e negli store online dal 28 febbraio.
Ciao Riccardo, benvenuto sul nostro blog! Raccontaci qualcosa di te: com’è nato il tuo rapporto con la scrittura?
Intanto grazie per l’ospitalità. È una domanda a cui fatico a rispondere. Diciamo che scrivo praticamente da sempre, anche perché mi riferiscono che ho iniziato a scrivere innaturalmente ‘presto’. L’approccio alla scrittura ‘consapevole’, invece, intendo con intenzioni comunicative, risale ai vent’anni. In poesia. È il periodo in cui, forse, si inizia un po’ a capire che tipo di persona si vuole diventare. Ecco, io mi sono sempre visto come ‘un tipo’ che scrive. Diversamente mi sentirei incompleto.
Sempre a proposito della tua passione per la narrazione, quali sono i tuoi modelli letterari? E i tuoi “libri-radice”, quelli che si sono rivelati indispensabili nella tua formazione autoriale?
Altra domanda difficilissima, ho sempre letto tantissimo e non ho nessuna intenzione di smettere. Non posso però negare che l’imprinting è quello poetico, quindi Jim Morrison e Rimbaud all’inizio, ma anche Baudelaire. In narrativa, invece, sono davvero tanti. Mi limito a citare gli ‘intoccabili’, che sono Fitzgerald e Hemingway, Salinger e Bret Easton Ellis, Balzac e Proust, oltre ovviamente a George Eliot, ma anche Jan Neruda, McLiam Wilson, Gogol’ e Rigoni Stern, e chiaramente Knausgård. Sì, pensandoci bene ho letto un po’ di tutto, testi ‘diversi’ compresi, ad esempio ho una travolgente passione per Paolo Mantegazza, un antropologo ottocentesco che ha scritto testi di divulgazione ‘ibridi’, specie di cronache romanzate, meravigliose.
Il tuo percorso di scrittore oggi ti porta in casa Les Flâneurs Edizioni. Com’è nato il tuo legame con la casa editrice, cosa ti ha condotto qui?
Come il romanzo che ho scritto, è la storia di un bellissimo incontro con Annachiara e Alessio, che sono verosimilmente la materializzazione di un sogno primordiale di editori ideali, quelli che sono mancati ad esempio (ancora mi fa soffrire) ad uno come Guido Morselli, uno scrittore immenso che sulla sua strada ha incontrato, evidentemente, soltanto pigmei. Anche per questo credo che scrivere e pubblicare libri sia una faccenda complessa, piena di implicazioni, che spesso deraglia drammaticamente dal quanto (o se) sei ‘bravo’ a fare qualcosa. A casa Flâneurs lo hanno capito bene, inoltre c’è la combinazione di avere tenuto, per mesi, una rubrica settimanale sul quotidiano di Ferrara dal titolo “L’angolo del Flâneur”. Non poteva che essere amore!
Il tuo romanzo si intitola Terradivina ed è un viaggio, fra diverse zone d’Italia e anche fra diversi generi letterari: autofiction, narrativa odeporica, saggistica. Qual è il tuo “lettore ideale”, chi immagini perdersi fra le pagine di Terradivina?
Una persona eclettica, un edonista (che non è una parolaccia), una persona che non bada alle etichette e alle comfort zone e a cui interessino le esperienze di contaminazione e le sperimentazioni. Credo di avere scritto un libro godibile, che è servito sia a me che (spero) al lettore per stuzzicare la fantasia e le sinapsi. Sarà una banalità, ma la enorme bellezza del nostro territorio, quando la tocchi con mano, è talmente potente che rischia di stordirti. Ecco, se vogliamo questo è la mia maniera di renderle omaggio, tentare di conservare un poco di quell’emozione mettendola per iscritto. Spero di esserci riuscito.